L'opinione di Loris Palmerini
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28 Ottobre 2018

I medici non si vaccinano, le polmoniti seminano morti, ma si incolpa il morbillo

Ambiente, Scienza, Vaccinazioni, Vaccini 0

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Prima i dati pubblici. Con grande “sorpresa” si è accertato che in Regione Friuli-Venezia Giulia solo l’11% del personale sanitario è vaccinato.

Il dato è emerso nel corso dei riscontri riguardanti i sette casi di morbillo registrati a Trieste, quattro degli stessi riguardavano personale sanitario non vaccinato, e si è pure indicato il morbillo come responsabile di un decesso. A darne notizia il Messaggero Veneto di Udine, il quale riporta l’intenzione della Regione FVG di passare ad una politica di convincimento del personale sanitario, il cui rifiuto a vaccinarsi è stato bollato dalla direzione centrale della Salute come “un fatto culturale” .

Il Messaggero Veneto indica nel’ Emilia-Romagna il modello da seguire, regione dove si è dato indicazione di
spostare gli operatori che decidono di non vaccinarsi in reparti meno a rischio, pur facendo loro mantenere funzioni e stipendio equivalenti . Il Messaggero afferma che il modello Emilia-Romagna ha trovato “consensi” in Piemonte, Lombardia e Lazio.

Fino a qui l’articolo, e adesso i miei commenti.

In realtà anche in Toscana è stata riscontrata una percentuale molto bassa di medici ed infermieri vaccinati, e colpisce sentire chiamare un “fatto culturale” quelli che sono comportamento “no vax” : vuoi vedere che i genitore no vax sanno quelli che medici ed infermieri sono costretti a tacere ?

Un bambino non vaccinato viene escluso per legge dalle scuole dell’infanzia e dagli asili nido, ma incredibilmente non si esclude dal servizio questo personale di servizio ed i sanitari che non si vaccinano. La politica dell’Emilia-Romagna e delle altre regioni che vogliono imitarla è quella di spostare senza demansionamento, ma la cosa risulta impraticabile se consideriamo che si sposta personale a contatto con i pazienti. Come medici e paramedici si dovrebbero vaccinare per primi tutti coloro che sono a contatto con il pubblico, per esempio le forze dell’ordine, gli impiegati pubblici di sportello anche nei comuni, gli autisti di autobus, ma anche tutti coloro che si affacciano al pubblico nei teatri e stringono mani, come i parlamentari, i ministri, gli attori, i giornalisti, perché se crediamo alla teoria dell’effetto gregge tutti costoro agiscono da vettori primari del contagio.

Invece attualmente si escludono solamente i piccoli bimbi le scuole dell’infanzia e degli asilo nido.
Ne deriva che che l’obbligo vaccinale della Lorenzin non serve quindi a creare una comunità protetta per gli immunodepressi, ma semplicemente ad imporre una inoculazione mai effettuata prima di ben 10 vaccini. E sono numerosi nelle cronache i casi di bambini che incappano nella sindrome di Kawasaki scritta nei bugiardini, ossia vengono trovano morti nel lettino e chiamati “SIDS”.

Riguardo l’articolo del Messaggero, a firma Viviana Zamarian, da una parte comincia parlando del personale sanitario che non si vaccina e dei casi di morbillo, ma poi confonde l’argomento con la campagna per le vaccinazioni antinfluenzali che non c’entra con il caso del morbillo, né c’entra con il problema delle 12 vaccinazioni obbligatorie, ma invece insiste sulla campagna antinfluenzale per la quale è in corso una martellante azione nei media rappresentati da alcuni medici in conflitto di interessi ( finanziamenti ricevuti tramite enti affiliati o finanziati dai produttori di vaccini).

L’articolo del Messaggero non fa nemmeno chiarezza sui casi di morbillo e sul decesso in questione, il Giornale del 26/10 riporta per altro che i casi di morbillo a Trieste non sono 7 ma 16, e riporta che il decesso per morbillo sarebbe solo “sospetta” e “riguarderebbe un paziente affetto già da polmonite e altre patologie”.

Sembra proprio un altro caso di strumentalizzazione di un decesso, similmente a quanto avvenuto per il decesso in Sicilia nell’estate 2018 che come il paziente deceduto a Trieste aveva le difese immunitarie già profondamente compromesse da altre gravi patologie. il siciliano di Catania aveva l’AIDS allo stadio terminale ed anche un cancro alla pelle, ed era quindi molto immunocompromesso.

Il problema della polmonite di Trieste viene invece sottostimato sebbene il “Centro nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità” , riporta che in tutta Europa si assiste alla diffusione di ceppi di Streptococcus pneumoniae resistenti agli antibiotici.

La polmonite semina morte, purtroppo anche anche a Treviso, nei giorni scorso è morto un uomo di 46 anni per una meningite sviluppata a causa della polmonite, stando a quando riporta il Giornale. Ma a Trieste e Roma si incolpa il morbillo.

Nella provincia di Brescia negli ultimi due mesi si sono registrati ben 600 ricoveri per polmonite, con due o tre decessi al vaglio degli inquirenti, che ancora non hanno individuato la causa perché la legionella fino ad ora indagata è stata la responsabile solo di qualche decina di casi nei contagiati.

Un decesso per polmonite si è registrato a Brescia anche il 18 ottobre, ed un altro il il 26 ottobre , ma le autorità sanitarie bresciane e lombarde, ed il ministero della Salute brancolano nel buio.

Sembra abbastanza probabile che il batterio della polmonite Streptococco Pneumus in alcuni ceppi locali si sia trasformato in un rapido killer, probabilmente ceppi selezionati e causati dell’uso errato ed indiscriminato degli antibiotici. Infatti l’Istituto superiore di sanità riporta che si sono visti dei miglioramenti riguardo alla resistenza antibiotica negli stati che hanno attuato pratiche di riduzione dell’uso indiscriminato di antibiotici e tramite una maggiore vigilanza e preparazione dei servizi sanitari.

L’uso indiscriminato di antibiotici è molto diffuso specialmente negli allevamenti animali, e i “super bug” che in quei luoghi si vengono a selezionale arrivano fino alla bistecca sul tavolo, ma per le autorità italiane vale solo ciò che è riguardante il morbillo. A Trieste e Roma si rincorre il morbillo.

Per altro, non è nemmeno da escludere, come scientificamente verificato, che la selezione di batteri resistenti avvenga anche a causa delle troppe vaccinazioni perché le stesse possono agire da selezionatori di varianti resistenti similmente a quanto fanno gli antibiotici. D’altra parte non tutti rispondono alla vaccinazioni, i “no responder” possono agire da vettori di variante sopravvissute ai vaccini e silenti che poi colpiscono soggetti immunodepressi.

Insomma anche in questo decesso per morbillo di Trieste siamo di fronte ad una bufala perché la notizia non è né scientificamente certa ( perché c’è una pluralità di fattori concorrenti), sia perché contemporaneamente nel nord Italia risultano esserci già diversi morti per polmonite (lo dicono diversi giornali) che fanno pensare ad un diverso responsabile.

Sembra proprio che a Trieste, in Sicilia, a Roma e altrove, nel tentativo di giustificare le vaccinazioni obbligatorie della legge Lorenzin, si vada a dare la al morbillo sottovalutando così la realtà molto più grave della polmonite .

Detto questo, seppure abbiamo già vinto noi che sosteniamo scientificamente la irrazionalità e dannosità di numerose vaccinazioni obbligatorie di massa, confermati anche dai dati epidemiologici dei database esteri, è anche evidente che il dato scientifico non potrà essere l’unico argine a questo sistema terrorista di false epidemie, perché il dato scientifico viene manipolato e occultato. Ci vuole quindi un principio politico e giuridico che dunque non sia discutibile dalla scienza. Quale? Non c’è da inventarlo, è già contenuto nella Convenzione di Oviedo secondo il quale nessuno, senza consenso, e per primi i bambini, può essere sottoposto ad un trattamento nel campo della salute, ossia nemmeno in nome della salvaguardia della società si può rendere obbligatori dei vaccini preventivi. Per questo già da un anno dico che le vaccinazioni obbligatorie verranno cancellate

Insomma l’epidemia di morbillo ancora non si è vista.

E pensare che il virus del morbillo è pure protettivo dall’infarto in tarda età.

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