La riforma Gelmini è roba vecchia
Nella trasmissione che si vede sotto ho riproposto un nuovo modello di gestione della cosa pubblica, che abbinando i benefici della concorrenza assieme all’assistenza sociale ottiene il massimo dei benefici di risparmio ed efficienza.
Si tratta del modello della “Concorrenza fra pubblico e privato” che avevo proposto già 15 anni fa e subito dopo fu mistificato e spacciato per il modello intramedia -extramedia, che è tutt’altro.
Come spiego nella trasmissione, oggi lo Stato spende circa 25.000 euro/anno per studente universitario, mentre alcune università come la Bocconi forniscono servizi paragonabili o in molti casi migliori a 15.000.
Il mio modello prevede di ribaltare la pretesa dello Stato di saper decidere cosa è meglio per gli individui e dare l’opzione di scelta senza costi all’utente del servizio stesso. In pratica, nel caso dell’Università, semplicemente lo Stato da un “assegno di studio” a ciascun studente del valore per esempio di 17.000 euro, ovviamente non glielo da materialmente, e lo studente, iscrivendosi, decide a chi quell’assegno andrà effettivamente attribuito. In tal modo, partendo dal presupposto che lo studente sceglierà quello che è per lui più utile e conveniente, o meglio tenderà naturalmente a ottenere il massimo di beneficio personale, cercherà di andare nelle università più efficienti, dove i professori non sono inutili “carogne”, ma allo stesso tempo in università il cui titolo venga riconosciuto valido, e così facendo con la propria scelta, premierà naturalmente le strutture efficienti, mentre le altre saranno costrette ad adottare criteri di efficienza al fine di attirare gli studenti e i relativi assegni. Naturalmente il modello va poi mediato con la necessità della ricerca di base, e con la necessità di offrire il servizio anche nelle sede disagiate, e naturalmente lo studente-utente potrà mantenere il diritto all’assegno se sta al passo con gli esami e studia .
Lo stesso sistema è applicabile anche alla sanità e praticamente a quasi tutti i servizi sociali ove si mettano in concorrenza quelle parti funzionali del servizio che è possibile mettere in regime di concorrenza. Questo non esclude per nulla l’esistenza di apparati statali, anzi molto probabilmente li premierebbe di fatto in quanto li costringerebbe a realizzare quelle economica di scala che solo certe dimensioni economiche rendono possibili.
La riforma Gelmini invece, non va certo nella direzione di eliminare i fannulloni del passato, anzi li assume, e nel contempo riesce a lasciare ancora senza futuro i meritevoli. Per cui bocciata con insufficienza. La solita storia italiana insomma: che tutto cambi perché non cambi nulla.
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