Con le Istituzioni di Autogoverno meglio non collaborare se non si è indipendentisti
Nel corso dell’ultimo anno io ed alcuni rappresentanti del movimento siamo stati contatti da diverse forze, che chiedevano di lavorare sinergicamente. E a nostra volta abbiamo contattato altri movimenti.
Alcuni avevano un progetto pienamente compatibile con il nostro, ma di fatto privo delle forze per essere realizzato.
Noi a nostra volta non abbiamo ancora le forze sufficienti, quando le avremo saremo uno Stato sovrano.
Chiaramente se una organizzazione ha la forza per realizzare il proprio progetto, non cerca affatto di allearsi con altri, lo fa solo quando dimostra di non avere la forza, e di solito lo fa per riuscire a carpire forze all’altrui organizzazione.
Tuttavia è possibile teoricamente che due cose possano correre insieme senza che si intralcino. Ma occorre essere precisi su questo.
Le Istituzioni di Autogoverno non sono un partito, non sono una cooperativa o una ONLUS, sono le Istituzioni di uno Stato occupato che si sta liberando in piena conformità alla legge internazionale.
Chi pensa di poter trarre energia e personale dalle Istituzioni di autogoverno, non ha capito che questo è impossibile per la natura stessa dell’organizzazione, e per gli statuti. E parimenti chi ha pensato e pensa di trarre vantaggio dallo sfruttamento politico elettorale del progetto indipendentista.
Abbiamo avuto diversi tentativi di questo genere, tutti conclusi con la distruzione stessa del movimento politico o delle persone che tentavano la scalata.
In un certo senso, così come ogni partito che corre nelle Istituzioni italiane in realtà legittimano e rafforzano l’organizzazione, lo stesso è per le Istituzioni di Autogoverno.
Questo perché l’approccio culturale e legale, diciamo filosofico, dell’Autogoverno fa si che nessun movimento regga al suo impatto se non quando si sviluppa nell’Autogoverno, con l’Autogoverno e per l’Autogoverno. Una volta mescolatosi l’organizzazione non può più tornare al sistema italiano senza ripudiare sé stesso. A prevalere, grazie anche agli statuti, sono sempre e comunque le Istituzioni, e per precisi meccanismi interni.
D’altra parte la portata del mio progetto risulta chiara se non si hanno preconcetti e si ha autentica volontà di libertà.
Il prof. Miglio (Gianfranco) per esempio capì subito la sua portata quando gli fu presentato il progetto nel 2001. Lui era già in carrozzella e disse “se avessi la forza sarei sulle barricate con voi”. Per gli increduli ci sono i 2 testimoni vivi (io non c’ero nemmeno).
Il nostro progetto, non è solo filosofia, è un piano operativo, con le leggi in mano, e non intente perdere tempo a filosofeggiare perché abbiamo tutta la filosofia della Repubblica Veneta a guidarci nei metodi e negli intenti.
Quelli che ci vengono a chiedere un appoggio al loro progetto a volte in realtà nascondono tentativi di rubare il personale che faticosamente stiamo organizzando. Tentativi a volte maldestri. Ed è la cosa più difficile da fare quella di costruire una gruppo dirigente in grado di lavorare in sinergia senza vendersi alla prima occasione.
Tuttavia alla fine quelli che abbiamo perso di solito sono finiti nella spazzatura della storia politica, e dimostrano di non essere in grado di fare alcunché, ossia hanno dimostrato che erano importanti quando erano inseriti nella struttura di Autogoverno in maniera organica e funzionale, ma che usciti per le ragioni sbagliate finiva nella spazzatura. Si può uscire dal essere attivi promotori dell’autogoverno senza problemi quando non lo si fa per vendersi, e pure rientrare in seguito. Ci sono stati infatti 2 o 3 casi di persone che semplicemente si sono dedicati alla loro vita privata, senza vendersi, magari perché avevano capito che la lotta di liberazione non era la loro priorità. Pensiero rispettabile come le persone che in effetti si sono magari pure realizzate nel privato.
Il fatto è che c’è da lavorare molto sulla organizzazione territoriale, sui commissari e gli autogoverno locali, sulla raccolta fondi, sulla ricerca degli avvocati, sulla comunicazione ecc ecc. Quando avremo in mano la sovranità sarà il momento più delicato di transizione in cui si rischierà la guerra civile voluta dalla mafia occupante, e non possiamo quindi dedicarci a niente altro ora né in seguito.
Arrivati alla sovranità chi sarà nello stato , sia come singolo, sia come organizzazione, probabilmente ci resterà a lungo, e allo stesso tempo diventerà una forza di blocco per coloro che oggi non collaborano. Non sarà questione di epurazioni, ma di semplice nuova dirigenza al potere. Il tempo stringe, finiamo tutti nella miseria se non torniamo alla sovranità, non c’è più tempo per partiti , partitini e partitini.
Io ho deciso di non fare attività politica di partito, non ne ho il tempo, né credo si possa cambiare qualcosa da dentro il sistema italiano, e ho anche spiegato nel mio sito il perché. Basta vedere per esempio l’ intervista alla mia candidatura alla provincia di Padova del 2009, dove elencavo i problemi da risolvere, di cui nessuno parlava, ed oggi quei problemi che ammonivo erano all’orizzonte sono una drammatica realtà che porta al suicidio gli imprenditori. Quella parentesi dimostra che il sistema mafioso italiano non da modo di partecipare nemmeno alle forze autenticamente sane e necessarie. Quella candidatura fu tenuta censurata, nessun giornale d’Italia ha mai detto qualcosa del programma della mia candidatura, nessuna intervista, nessuna pubblicazione di comunicati, nessuna notizia della presentazione pubblica del mio programma, niente di niente, violando il diritto di informazione di 800.000 cittadini. Come è possibile che questo avvenga in un paese democratico? Solo una dittatura mafiosa che ostacola i candidati non ricattabili può realizzare questo.
Fare denuncia ? Inutile, i magistrati messi al posto giusto bloccano tutto, e la magistratura non li colpisce.
Quest’anno mi hanno offerto una candidatura per Roma, 60.000 euro sul tavolo, con una lista minore del centro destra. Ho detto di no per gli stessi motivi sopra esposti. Avrei potuto fare qualcosa da dentro ? Non credo.
Se si vuole l’indipendenza si deve entrare nelle istituzioni di autogoverno e lavorarci non andare nelle istituzioni italiane. Il resto per me è solo un ritardo nel progetto, e per di più mi accorgo spesso che lo sbandierato indipendentismo è spesso solo di facciata e finto utilizzato per arrivare ad una carega italiana con un argomento di moda. Teniamo lontani i politici che non sono attivamente sostenitori dell’autogoverno nei fatti. Chi non riconosce l’autogoverno, disconosce la sovranità del popolo veneto.
Ecco allora che gli indipendenti dovrebbero porsi anche questa domanda: sto lavorando per l’indipendenza o per un partito politico che rafforza le Istituzioni italiane ?
Per chi si fosse persa la domanda precedente essa era : indipendenza di chi o che cosa ?