Ecco perchè “la finzione giuridica” non trova sostanziale applicazione nel nostro ordinamento di “civil law” fortemente napoleonico.
Nel sito diritto.it è spiegata la differenza fra la finzione giuridica ed altri meccanismi di attuazione della legge quali la presunzione, l’analogia e l’interpretazione estensiva.
In pratica si deve fare una distinzione fra Diritto e realtà e alla fine il testo conclude dicendo che “Nella realtà, quindi, la fictio soccorre come remedium ultimum laddove la fattispecie è tale da non consentire l’applicazione di alcuna norma vigente; si ricorre, dunque, alla finzione quando, nemmeno in via di interpretazione estensiva e analogica, una norma può arrivare ad essere applicabile ad una data situazione di fatto.“.
Infatti l’art. 2 delle Preleggi sulle “fonti del diritto” dice che “La formazione delle leggi e l’emanazione degli atti del Governo aventi forza di legge sono disciplinate da leggi di carattere costituzionale.“
In altre parole, la gerarchia delle fonti ha a fondamento la Costituzione Italiana, la quale ha il principio intrinseco che è tutto permesso tranne ciò che è vietato. Poi ci sono le leggi costituzionali o di rango costituzionale, e poi tutto il resto.
Già così lo spazio che resta alla “finzione giuridica” è molto molto limitato nel nostro ordinamento. Ma analizziamo meglio e approfondiamo le fonti del diritto.
La Costituzione italiana stessa all’art.10 dice che l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme internazionali generalmente riconosciute.
Questo ha permesso e quasi “obbligato” a fa entrare nel diritto interno interno molte norme estere, lo Stato le ha recepite a volte in maniera obbligata, per esempio i “Patti internazionali sui diritti civili e politici” che prevedono il divorzio.
Attraverso l’art.10 Cost sono entrate anche le norme della Unione Europea (UE), cosa autorizzata da diverse sentenze della Corte Costituzionale .
Lo Stato ha fatto una norma , un legge italiana, di attuazione delle norme UE, dice che prevalgono sul diritto italiano, in particolare prevalgono direttamente i regolamenti UE (che disapplicano il diritto italiano se in contrasto) ed in certi casi anche le Direttive UE che sarebbero invece leggi quadro.
Per questo meccanismo di adesione alla UE l’Italia non gestisce più la moneta, la difesa, una parte della giustizia, nemmeno le frontiere e l’immigrazione, come pure la circolazione delle persone. Ad esempio I cittadini della UE possono candidarsi e votare in ogni città della UE dove risiedono, e possono risiedere ovunque nella UE.
La cosa non è conosciuta da molti presunti politici, infatti per esempio non sanno che non si può uscire dall’Euro restando nella Unione Europea, perché “L’Unione ha una moneta e questa moneta è l’Euro”. E’ vero che ci sono Stati della UE che non hanno l’Euro, ma in effetti essere sono gestite dalla BCE e verranno in futuro abbandonate.
Tuttavia con il trattato di Lisbona del 2009 anche la UE ha ceduto una parte della propria sovranità in quanto ha aderito al Consiglio d’Europa. Quest’ultimo è l’organismo che riconosce e disciplina i diritti umani e i diritti delle minoranze. Le norme del Consiglio d’Europa prevalgono su quelle della UE. Non bisogna confondere il Consiglio d’Europa con il Consiglio Europeo.
Infine le norme dell’ONU, in quanto ratificate direttamente dall’Italia ma anche dagli altri stati UE, fanno parte del “Acquis communautaire” o diritto comune agli stati UE.
Su tutte queste norme prevalgono di fatto altri trattati speciali come quello della NATO.
Tralasciando quest’ultimo, possiamo quindi tracciare nella sostanza la gerarchia delle fonti nel diritto italiano attuale :
1) Norme del Consiglio d’Europa, (CEDU, OVIEDO ecc)
2) Norme dell’Unione Europea, in particolare i regolamenti
3) Costituzione Italiana e norme Costituzionali
4) norme dell’ONU quando ratificate e rese esecutive
5) Leggi dello Stato e delibere delle “Autorità speciali” secondo legge
6) Norme Regionali (e province autonome) nelle materie esclusive o attuative nelle materie concorrenti
7) Norme Provinciali
8) Usi e Consuetudine
Quando non fosse possibile risolvere un caso specifico alla luce di questa massa enorme di leggi, il giudice potrebbe ancora ricorrere alla analogia, all’interpretazione estensiva e per finire alla finzione giuridica, ma solo quando le norme non dicessero nulla in proposito.
Lo spazio che resta alle “finzione giuridica” è praticamente nullo, perché anche l’interpretazione estensiva di una norma (nella quale si fa uso della finzione giuridica) è praticamente limitata a casi singoli e sporadici e quando non siano disciplinati da altre norme, per esempio nelle “regole” degli alpeggi.
Partire dalla “finzione giuridica” per interpretare il diritto è un errore basilare, è rovesciare completamente la gerarchia delle fonti o fingere che non esistano fonti di rango superiore.
Si incorre in errori grossolani, per esempio c’è chi crede che esiste una legge che dice che se un bambino alla nascita viene registrato in maiuscolo nel certificato, questo lo trasforma in una proprietà di qualcuno o viene messo a garanzia di debiti; ma alla luce della gerarchia delle fonti se una tale legge esistesse sarebbe nulla in quanto in contrasto a diverse fonti di rango superiore fra cui la normativa internazionale che vieta la proprietà e la servitù delle persone umane https://unipd-centrodirittiumani.it/it/schede/Articolo-4-Divieto-di-schiavitu/7 , ma sarebbe contraria anche alla Costituzione Italiana. Ancora peggio, ridurre in schiavitù o servitù un individuo è un grave reato, il funzionario che collaborasse ne sarebbe corresponsabile .
In pratica l’interpretazione dei fatti e della realtà non sono ammissibili quando non sono compatibili con quanto previsto dalla legge, e non prevalgono le finzioni giuridiche o le consuetudini.
Questo tipo di errori banali e basici si evitano se prima di studiare i fatti specifici si studiano le norme in materia, e se prima di queste si studia l’organizzazione delle norme, appunto, la gerarchia delle fonti.
Quindi in pratica , se si vuole coltivare il diritto, occorre partire da un buon manuale sui diritti umani che da un quadro di riferimento dei limiti che le leggi possono avere. Poi si può procedere ad un manuale di diritto costituzionale per capire il quadro italiano, e uno di diritto Europeo che oramai prevale.
Tuttavia se l’intendimento è quello di mettere in discussione la sovranità di uno Stato, per esempio si vuole perseguire l’autodeterminazione di un popolo (che è disciplinato da leggi internazionali) occorre ovviamente studiare uno o più manuali di diritto internazionale, di “individuale” ) perché su questo gli stati non scherzano, si rischia veramente la galera pesante.
Per finire, c’è chi crede sia possibile una “autodeterminazione individuale”: lo capisce anche un bambino che nessuno stato può legalmente prevedere una cosa del genere, quindi consiglio di studiare attentamente le procedure civili e penali per capire come lo Stato funziona, e sopratutto il Codice Penale.
Ma sopratutto, si verifichi che è una bufale quella per cui gli Stati sono una Corporation, almeno fino a quando non saranno dichiarati tali per legge