Ecco perché si insegnerà il “dialetto” a scuola, comunque
Nonostante le guerre, l’Europa e il mondo stanno andando verso un sempre maggior rispetto dei diritti umani. Non a caso l’Unione Europea ha dovuto congelare il processo di adesione della Turchia a causa della repressione successiva al fallito colpo di stato che viola i diritti umani. La Turchia per altro è anche il paese che da tempo primeggia in Europa nella violazione dei diritti umani. A ben guardare lo stato turco ha una lunga tradizione in queste violazioni, e prima ancora quello ottomano. Insomma, la storia attuale era un esito prevedibile, si comincia con il lasciar correre, e poi …..
Purtroppo quello che non si tiene presente abbastanza è che dopo la Turchia il paese che da anni è il secondo più denunciato per violazione di diritti umani è l’Italia. Gli italiani hanno intasato il Consiglio d’Europa di denunce, da soli ne hanno presentate circa la metà del totale. Questo dipende anche dal fatto che la giustizia è impazzita, discrezionale, politicamente non indipendente, troppo spesso piegata al potente di turno, e manca la cultura di governo dei diritti umani. Molti politici non hanno nemmeno mai letto la Costituzione, figurarsi le leggi internazionali sui diritti umani. Ancora oggi si stenta a riconoscere che i diritti umani debbono prevalere sulle altre leggi.
Tornando al dialetto, che è una espressione ambigua, il tema sarà presto rivoluzionato. Infatti l’Italia ha firmato la “Carta europea delle lingue regionali o minoritarie” il 27 giugno 2000, ma non l’ha mai resa esecutiva.
Questa carta definisce «lingue regionali o minoritarie» quelle “usate tradizionalmente sul territorio di uno Stato dai cittadini di detto Stato che formano un gruppo numericamente inferiore al resto della popolazione dello Stato” e che sono “diverse dalla(e) lingua(e) ufficiale(i) di detto Stato” e “non include né i dialetti della(e) lingua(e) ufficiale(i) dello Stato né le lingue dei migranti”. Siamo nella sfera dei diritti umani.
E’ certamente lingua regionale il “venetian”, cioè la lingua Veneta, che ha suo codice indipendente ISO 639-3 “vec”. Sono molte le lingue di quella tabella che vengono già tutelate in tutta Europa, non solo l’Unione.
Quindi per cominciare occorre affermare che il veneto non è un dialetto, semmai una lingua “regionale” parlata in più regione (a dire il vero anche in più stati). Chiamarlo dialetto è proprio errato.
Invece non verranno considerate “lingue regionali” il toscano ed il marchigiano, perché sono forme diverse dell’Italiano (in realtà sappiamo che l’italiano è un dialetto toscano).
L’Italia è stata più volte richiamata per la mancata ratifica e messa in esecuzione della Carta sulle lingue regionali, ma continua a rinviare.
La ratifica è stata data per certa nel 2012, poi è diventato 2013, poi 2014, ora 2016 ….. oramai è alle strette e fra non molto dovrà applicarla.
Il fatto è che questa carta imporrà l’insegnamento a scuola (vedremo come) delle lingue regionali, non solo il veneto, ma anche il siciliano, il napoletano, il piemontese ecc ecc.
Concretamente sarà un bene o un male?
E’ scientificamente dimostrato che l’insegnamento ai fanciulli della lingua regionale storica ha numerosi vantaggi: non solo li rende più intelligenti sviluppando maggiormente una area specifica del cervello, ma li prepara culturalmente e psicologicamente anche all’accettazione del diverso, alla comprensione, e all’apprendimento della altre lingue (terza e quarta).
Coloro che dicono che l’insegnamento a scuola del dialetto è una battaglia becera e di retroguardia probabilmente non hanno ricevuto una educazione adeguata alla comprensione della complessità del mondo. Come i razzisti di solito sono stati educati dai razzisti. Anche chi disprezza la ricchezza della educazione multilingue è stato educato da una monocultura, che è cultura povera e limitata.
Gli assertori di una sola lingua sono già sconfitti dalla storia, e conducono una battaglia in retroguardia e una vita becera e di difesa, e saranno messi al margine progressivamente dalla volontà democratica che tutta l’Europa professa ed attua.
L’insegnamento nelle scuole e perfino nelle università sarà attuato secondo le modalità che l’Italia sceglierà fra gli almeno 3 paragrafi dell’articolo 8 della Carta. Dunque è inutile parlarne ora, sebbene è sicuro che in qualche modo questo avverrà.
Finalmente verrà riconosciuta per il suo valore ed insegnata la lingua regionale, che non è un sottoprodotto storico, ma è una parte fondante della storia stessa. Negarlo significa aprire le porte ai revanscismi privi di capacità di interloquire perché giustificati dalla negazione di un diritto umano.
Finalmente i parlanti una lingua regionale storica, come per esempio il veneto, non potranno più essere sbeffeggiati, ridicolizzati, chi lo farà come in questi giorni sta facendo qualche giornale, verrà riconosciuto come razzista e discriminatore, potrà perfino ricevere una denuncia penale efficace.
Occorre ricordare che questa imposizione delle lingue storiche a scuola è il portato del trattato di Lisbona della Unione Europea entrto in vigore nel 2009, in quanto la stessa Unione, con l’art.6, ha aderito al sistema del Consiglio d’Europa che è il sistema di tutela dei diritti umani, che giustamente possono essere fatti valere anche in tribunale.
L’Italia sarà costretta a cambiare, a togliersi quell’antistorico concetto della imposizione della lingua statale a danno delle altre lingue regionali storiche, modelli mentali che appartengono al retaggio di un passato antidemocratico. Anche nell’Unione Sovietica si imponeva nei fatti la lingua russa a danno delle altre lingue, ed è finita con l’esplodere.
Per la lingua Veneta, già riconosciuta dalla regione nel 2007 e pure dal Friuli VENEZIA Giulia nel 2011, si aprirà una fase nuova, di grande fermento, con tanto di ricerca universitaria. Senza contrapposizione con la lingua italiana o con altre lingue internazionali come attualmente l’inglese.
Come detto, imparare più lingue “naturali” e storiche da piccoli, aiuta a essere predisposti anche alle altre. Ma si deve sentire fin da piccoli parlare più lingue, e sarebbe ridicolo mettersi a parlare inglese a casa (spesso male) per illudersi di ottenere lo stesso effetto benefico. Non è importante quali lingue si facciano coesistere, l’importante è che il bambino le senta anche fuori dalla famiglia. Tanto vale dotarlo degli strumenti per interagire con i gli altri bambini del proprio territorio. Se avete figli, fategli il bene di parlargli in dialetto abbastanza spesso.
Certamente non sarà più possibile vietare l’uso della lingua regionale, o di farlo intendere pubblicamente come lingua di rango inferiore.
E i fondi? Anche per questo motivo lo stato dovrà toglierli alle mafie, e questo è sarà certamente un bene.