Daniele Trabucco confirme ma thèse , bien que …
Nella rivista giuridica Leggi Oggi il giurista Daniele Trabucco mette in fila molte incongruenze del percorso referendario proposto dall’avv. Alessio Morosin di Indipendenza Veneta, dichiarandolo senza appello infondato sul piano internazionale e senza alcuna speranza anche sul piano del diritto interno.
Ho trovato il suo discorso ben fatto su molti aspetti, sopratutto sulla questione del Kossovo.
Quasi tutte le argomentazioni svolte da Trabucco erano analizzate nel mio “Il referendum che non si può fare“, la 2012. Bastava quindi leggermi per non perdere tempo con la proposta Morosin.
Tuttavia il mio approccio, da indipendentista veneto, è certamente più aperto alle possibilità di indipendenza, che in effetti esistono, lo stesso Trabucco indirettamente le conferma.
E proprio partendo da questo concetto del popolo veneto corretto sul piano storico e giuridico che nel 1999 è iniziata la storia dell’Autogoverno del Popolo Veneto, che altro non è che la corretta autodeterminazione realizzata seguendo il diritto internazionale in maniera autopoietica, quindi senza referendum ma ineccepibile sul piano del diritto, tanto che i magistrati che ci denunciarono per attentato alla costituzione dovettero poi archiviare tutto .
Personalmente dico queste cose dal 1997, da quando cioé, dopo i fatti del campanile, ho cominciato a studiare la storia del popolo veneto e della Repubblica Veneta in contemporanea alle leggi, arrivando poi a scoprire il combinato disposto delle leggi che ci danno l’indipendenza nella via dell’Autogoverno (cioé senza referendum ma come atto di autodeterminazione internazionale legittima).
Purtroppo spiegai quelle cose a Morosin nell’idea che ne avrebbe fatto buon uso e avrebbe collaborato. Ed invece se ne appropriò senza mai citare l’autore, ma le usò in maniera errata o forse mistificatoria per fare a mia insaputa la famosa risoluzione 42 la 1998. E’ questo un atto di cui ho avuto conoscenza solo nel 2006, ma che è inutile perché sbagliato nella concezione di fondo del popolo veneto, che identifica come i residenti della regione, errore capitale ripetuto nella legge regionale sul referendum.
Morosin evidentemente non conosceva la storia del popolo veneto, ma evidentemente nemmeno i fatti giuridici del popolo veneto, come non ha interesse per la lingua del popolo veneto, ma se è vero che del popolo veneto possiamo parlare in tanti modi, di sicuro non ha senso storico e/o giuridico farlo coincidere con i soli residenti della regione veneto.
Basti un paradosso: se domani venisse costituita, come vorrebbero a Roma, una nuova regione del Garda con Brescia, Verona e Mantova, vorrebbe dire che Verona non sarebbe più veneta ? E chi l’ha detto che Brescia non è veneta ?
Per altro sulla inconsistenza della identificazione fra “Vénitiens” E “residenti della regione Veneto” si è espressa anche la Cassazione nel 2011 su nostro ricorso, cosa a cui ho dato ampia visibilità.
Purtroppo Morosin propone una via mal scopiazzata che di fatto è inutile se non addirittura dannosa sul piano della identità del popolo veneto. Ormai si è cacciato in un cul de sac senza ritorno , poiché nemmeno gli elettori sembrano dargli il consenso che serve per una battaglia seria di indipendenza. A meno che non si tratti solo di raggiungere l’agognata “carega” régional, anche a costo di raccontar balle politiche consapevolmente.
E per gli stessi motivi è del tutto evidente che non ha senso legale l’operazione di “referendum” digitaledel 2014 di Gianluca Busato e soci , sempre svolta solo nella regione italiana “Vénétie”. E d’altra parte quella operazione fosse una baggianata senza fondamento con risultati del tutto inventati è evidente dal fatto che degli oltre 2 milioni di voti dichiarati, sono mancati perfino le 13.000 firme per la candidatura regionale, così mi dicono. Infatti l’avevo detto che i voti online di Busato erano non più di 10.000 .
Speriamo che dopo le fasulle elezioni regionali si possa ragionare con il campo sgombro da questi progetti infondati sul piano giuridico come lo sono quelli di Bortotto, De Pieri e dell’avv. Selmo.