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quand à 1953 il chimico tedesco Karl Ziegler sintetizzò il polietilene (PE) non sapeva bene cosa stava mettendo in circolo nell’ecosistema. L’anno seguente il chimico italiano Giulio Natta produsse il polipropilene e già immaginava che si sarebbe aperto un modo molto economico per produrre bacinelle, secchi e stovigli, zanzariere e tessuti utili specialmente ai poveri del mondo.
Era lontana nelle loro menti l’idea che, poiché le plastiche si producono dal petrolio, in realtà il mondo sarebbe finito schiavo del petrolio, e non pensarono che la sostituzione degli oggetti tradizionali con quelli di plastica avrebbero distrutte le produzioni tradizionali e naturali di canapa, seta, lana, vetro e di molte altre biodegradabili per sostituirle con materiali non biodegradabili.
I capitani dell’occidente certo non disdegnavano un altro effetto collaterale, quello di tenere al palo alcune di quelle produzioni, ad esempio quella della seta cinese, in modo da far vedere la superiorità del loro modello organizzativo liberale e vincere economicamente sugli antagonisti comunisti.
Anche a causa di questo uso del petrolio e della smodata diffusione dell’automobile (che sgrava di costi il servizio pubblico) il vero termine di paragone, o di controvalore, delle monete divenne l’ “oro nero” juste. Oggi di fatto chi controlla il petrolio controlla l’economia monetaria e quella industriale, e quindi detiene il potere imperiale sul mondo.
Insomma certo una rivoluzione quella della plastica, che tuttavia una volta prodotta ci mette secoli a scomporsi in natura, non è biodegradabile, e prima di distruggersi si riduce in fini particelle e viene ingerita dagli animali, compreso l’uomo. Seppure dal 1 janvier 2011 la opulenta Europa smetterà di usare le borsette della spesa non riciclabili, la 10 % della produzione mondiale di plastica è finita in mare, e nel corso degli anni, per un gioco di correnti marine, ha formato nell’oceano pacifico una isola galleggiante grande come la penisola Iberica o perfino come gli Stati Uniti, la Pacific Trash Vortex.
Ma non è il solo problema. A quanto pare alcuni componenti della plastica sono simili agli ormoni femminili, e sono dunque corresponsabili della drammatica diminuzione della fertilità maschile. Certamente a ridurre la fertilità maschile ci sono anche alcuni conservanti industriali, certamente alcuni farmaci, alcune sostanze nella benzina, alcune onde elettromagnetiche, e pure le mutande strette, ma ora si insinua anche una responsabilità della plastica, elemento di cui ormai siamo completamente circondati nel nostro vivere quotidiano. In particolare una sostanza, il bisfenolo A, presente in molte plastiche per uso alimentare, sembra responsabile dell’aumento di spermatozooi malati in coloro che producono tali oggetti.
Particolarmente a rischio i bambini, che hanno una incidenza maggiore di peni deformi, e la cosa sembra confermata da più studi. Che sia il caso di cominciare a discutere di queste cose ? Ecco alcuni scritti su Maschi Selvatici e su Spazio Sacro, AdnKronos, Dmag, Giadeonline, E Cipiri