Acqua pubblica o privata? Un problema logico
Il commento alla descrizione del sito “per il bene comune”
I virgolettati sono di Monia Benini che lo ha pubblicato sul sito http://www.perilbenecomune.net/index.php?p=24:6:2:119:422
Le parti contrassegnate con [..] le ho tolte perché non sono giuridiche
Dice Monia “il cosiddetto decreto Ronchi e le sue successive modificazioni, ovvero la normativa che il primo quesito referendario ci propone di abrogare, è stato imposto con la motivazione ufficiale che bisognava farlo perché ce lo impone l’Europa. [..] Secondo Alberto Lucarelli, esperto giurista e docente di diritto pubblico europeo nelle Università di Napoli e Parigi, “gli stati membri dell’Unione e i relativi enti locali hanno piena libertà di individuare i servizi di interesse generale e i servizi di interesse economico generale che intendano gestire direttamente, ovvero non in base ai principi di competitività e concorrenza. Il diritto comunitario riconosce, também, che la gestione di queste due categorie di servizi, in cui l’acqua rientra, avvenga attraverso un soggetto di diritto pubblico, estraneo, portanto, alle regole del diritto societario”
Per chi non lo sapesse Lucarelli e’ l’estensore dei quesiti sull’acqua, e non ha “potuto” partecipare ad una trasmissione radio ed una televisiva alla quale era stato invitato.
Lucarelli non dice una cosa esatta, come ho ampiamente documentato in questa pagina http://www.palmerini.net/blog/2011/06/07/le-norme-europee-impediscono-i-monopoli-la-concorrenza-verra-reintrodotta/
Faccio qui una sintesi di quanto espresso in dettaglio in quella pagina
L’art.14 TFUE stabilisce che “in considerazione dell’importanza dei servizi di interesse economico generale” che comprendono i servizi pubblici ( e l’Unione afferma ripetutamente il diritto universale al loro accesso) “l’Unione e gli Stati membri [..] provvedono affinché tali servizi funzionino in base a principi e condizioni, in particolare economiche e finanziarie, che consentano loro di assolvere i propri compiti.”
Questo vuol dire che non si deve avere una gestione “econômico” e basata su piani “finanziari” che non vuol dire altro che sostenibili nel tempo.
Questo di fatto impedisce ogni monopolio, poiché si esce dalla gestione economica.
D’altra parte Lucarelli forse non ha notato che le “norme di protezionismo” dei servizi pubblici sono VIETATE dall’Articolo 106 TFUE (Lisbona)
“1. Gli Stati membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme dei trattati, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 18 dá 101 UMA 109 inclusi.”
Le misure a cui si riferisce l’articolo sono in pratica quelle che stabiliscono il mercato europeo stesso, ossia le fondamenta stessa della Unione.
Questo non significa che non esista una discrezionalita’ membro, specie rispetto al livello di servizi da garantire ad ogni cittadino.
Ma impone che dove possibile (e non nelle zone periferiche dove lo stato deve comunque svolgere il servizio) si facciano i bandi per i settori che hanno rilevanza economica (quindi tutti i servizi a pagamento compresi acqua, TRANSPORTE, rifiuti).
D’altra parte il trattato dispone che si devono “avvicinare” fra loro tutte le legislazioni europee, e che la concorrenza venga agevolata, pur garantendo il servizio.
L’affermazione di Lucarelli “Il diritto comunitario non obbliga alla gara.” non corrisponde alla realta’ dei fatti, basti pensare che per esempio in Veneto si ebbe una lunga diatriba giuridica perfino sul Mose , opera che certamente non è di normale amministrazione, ma dato che era possibile fare dei bandi ci sono stati vari ricorsi. Che il sistema dei bandi Europei si debba applicare ai servizi pubblici sara’ evidente a breve appena l’Italia sara’ costretta a sistemare un poche delle tante cose che non vanno, dai trasporti, agli acquedotti, ai servizi in general
Quando Lucarelli afferma “Pertanto un Comune può liberamente decidere di esercitare, attraverso un soggetto di diritto pubblico, tali servizi sulla base dei principi costituzionali dei propri statuti e del proprio potere regolamentare.” dice una cosa non esatta, perché sopra queste norme e “cogenti” cioé superiori per valore del diritto, ci stanno i trattati europei, poi le direttive, poi i regolamenti. Con il 1 dezembro 2009 si sono ulteriormente aggiunte sovrappa tutto questo anche le norme del Consiglio d’Europa. Infatti l’ Unione Europea si è impegna a rispettare i diritti umani, mettendosi al pari degli stati nel Consiglio d’Europa (che protegge i diritti umani).
Quello che invece e’ vero e’ che i comuni possono AGIRE da soggetti di servizio, purché lo facciano con societa’ di loro proprieta’ che agiscano in regime di mercato, al pari di altri soggetti. Ad esempio il mio comune, insieme a moltissimi altri, possiede, E’ socio, di una societa’ que, pur negli ovvi sprechi derivanti dalla gestione “polÃtica” (fino ad oggi senza controlli) funziona abbastanza bene . Questa societa’ per l’articolo 23-bis , entro la fine dell’anno dovrebbe definire quali sono le aree indubbiamente suscettibili di gara (quindi non quelle periferiche e non reddittizie), continuare a gestire quelle non reddittizie a spese dei comuni, mentre la parte reddittizia dovrebbe essere messa a bando, cioé gestita secondo un contratto preciso ma deciso dagli stessi politici a cui oggi spetta l’intera gestione. Qualora a questo punto la società ricca volesse partecipare al bando di gara, dovrebbe però far entrare dei privati, vendendo quote, per almeno il 40%. Il criterio è quello europeo di risolvere il problema del conflitto di interesse dividendo la scelta politica dalla proprieta’ dell’esecutore. C’è da notare che quel 40% della societa’ venduta (che a sua volta sarebbe probabilmente il 30% del totale, quindi il 40% o 30%) sarebbero soldi incassati dai comuni e riutilizzati per altri servizi sociali, non certo regalati alle multi-co. Io che sono cittadino di uno di questi comuni potrei forse vedere un abbassamento delle tasse, e questo anche grazie al fatto che noi cittadini ci siamo spaccati i maroni a fare la differenziata, trasformando la spazzatura in risorsa. Il referendum non riguarda infatti l’acqua (che nessuno ha mai privatizzato, e mai potra’ farlo), MA TUTTI I SERVIZI. Questo la dice lunga sul come si sia giocato sul piano emotivo per deviare l’aspetto razionale di tutto il discorso.
Quando Lucarelli dice “Questo è quanto ha fatto recentemente il Comune di Parigi, dimostrando quindi tutta l’artificiosità dell’argomentazione “requisito europeu” in materia di privatizzazione dell’acqua.” non dice che le quote, della societa’ sono state ricomperate dal comune con prestito bancario, ma che la societa’ di gestione è partecipata anche dai privati, sebbene in quel caso sia un gigantesco gruppo di cooperative sociali, associazioni di utenti e altri. Esiste in ogni caso il controllo “privato” nella cosa pubblica.
Inoltre la societa’ di gestione del servizio, pur controllata dal comune (come nell’idea dell’art.23 bis) è una societa’ PRIVADO, non una societa’ PÚBLICO, ma privata di proprieta’ PÚBLICO. Si veda a tal proposito il sito della societa’
http://www.eaudeparis.fr/page/qui-sommes-nous/entreprise/gouvernance?page_id=256
ed anche la descrizione di Wikipedia francese http://fr.wikipedia.org/wiki/Eau_de_Paris
D’altra parte se il mercato parigino non fosse in concorrenza per la parte che si puo’ mettere in concorrenza (molto poco a dire il vero) sarebbe in contrasto alle norme europee e al principio di reciprocita’ non a caso previsto anche dall’art.23 bis. Certamente il caso di Parigi dimostra che si puo’ anche passare per una gestione di societa’ con privati e poi far uscire il privato in favore di soggetti “social” ma pur sempre privati.
Detto tutto questo, sim você pode’ benissimo pensare ANCHE a vietare ogni tipo di compartecipazione privata alla gestione (seppure vietato dai trattati), ma allora a maggior ragione non si doveva cancellare TUTTO l’art.23-bis, perché il punto 5 afferma chiaramente che la proprieta’ delle reti e’ PÚBLICO , con il che succede che la vittoria del Si’ metterebbe per la prima volta gli speculatori nella possibilita’ di comperare la rete!
Il solo punto 2 è quello che permette ai privati di partecipare alla sola gestione. Se si voleva eliminare questa opzione (na realidade’ attualmente molto limitata e dietro scelte politiche locali) doveva puntare a cancellare solo questa lasciando INALTERATO IL PRINCIPIO DELLA PROPRIETA’ PÚBLICO.
Immagino che chi vuole mantenere il controllo completo della politica anche nella gestione dei serivizi pubblici si fida dei politici e dei loro risultati storici (ma io a Napoli li prenderei a pedate in culo, perché si parla di acqua ma anche di spazzatura, strade ecc)
Ma cancellare la proprieta’ pubblica delle reti a cosa porta ?
Detto in altro modo, cancellare tutto l’art.23-bis e’ la piu’ grande assurdita’ per chi vuole la rete pubblica , perché la legge la riconosce, e cancellarla, per il meccanismo dei referendum, implica NEGARE IL PRINCIPIO. Ad esempio si dice “E” per negare il nucleare, cioé si dice si dice sì per dire NO al Nuclerare (referendum abrogativo).
Ritornando a Parigi, sono convinto che si e’ fatto un bando per il servizio dove possibile, altrimenti la Veolia che prima era presente non potrebbe lavorare in Italia come fa: l’art-23 bis impone infatti anche questi vincoli e pure altri contro le multinazionali, che magari qualcuno puo’ anche voler aggravare , ma non certo togliendo la proprieta’ pubblica della rete.
Monia Benini continua “il primo comune ad individuare con gara il socio privato per la società di gestione dell’acqua fu quello di Arezzo, con una giunta di centro sinistra, alla fine degli anni ’90, grazie alla legge Galli del 1994. ”
Ecco appunto, una legge superata dall’attuale, con assegnazioni SENZA CONTORLLI dove la politica governava al 100% . E quale e’ la logia che vuole cancellare l’attuale legge in favore della loro piena gestione ?
Dice Monia “Il risultato? Tariffe alle stelle, bassissimi investimenti , utili certi per i privati, ruolo assolutamente marginale del pubblico sulle decisioni principali.” . Tutto vero, ma la classe politica nel frattempo e’ cambiata? Chi ci ha guadagnato fra di loro ?
L’idea che la gestione statale sia sempre ottimale è del tutto infondata (appunto Arezzo dimostra che i politici ti portano anche al collasso), ed anche l’idea che il mercato sia sempre una merda è del tutto infondata, come dimostra la societa’ interamente privata che gestisce Brescia, anche per la spazzatura che ha le tariffe piu’ basse d’Italia.
Nel mondo moderno il criterio piu’ giusto per non farsi fregare non è “pubblico contro privato” mamãe “locale contro globale”.
Ossia la privatizzazione o la statalizzazione non sono una soluzione se la comunita’ locale permette gli sprechi.
Occorre che i cittadini SVILUPPINO IL SENSO CIVICO, e si mettano a fare la differenziata in modo da poter pretendere poi che le cose vengano fatte bene.
La statalizzazione non è una soluzione se c’è una comunita’ locale che permette gli sprechi, e sara’ lo stesso se viene privatizzato, ma allora il bando di gara imposto almeno limita parzialmente lo spreco totale e le tangenti.
Monia dice “D’altra parte la vita ai Comuni (o ai consorzi di Comuni) è stata resa piuttosto difficile se si considera la mole degli investimenti necessari”
Veramente questo e’ vero SOLO dove ci sono state gestioni pubbliche non efficienti. In molte zone del paese molti comuni sono stati attenti e non hanno questo tipo di problemi, anzi pagano stipendi perfino troppo alti ai dirigenti delle loro municipalizzate (e sarebbe peggio se avessero le mani libere perché tutto “público” )
“il ricorso al debito con gli istituti di credito privato (e ai letali salsicciotti SWAP) è sempre più arduo, mentre la Cassa Depositi e Prestiti, presieduta da Franco Bassanini (marito della Lanzillotta che privatizzò Acea), viene meno al suo compito statutario. Per quale ragione? Perché oggi anche la CDP è una società per azioni, il cui 70% è detenuto dal ministero dell’Economia, mentre il rimanente è suddiviso in 66 fondazioni bancarie ,molte delle quali interessate al business del servizio idrico). ”
Ecco qui si evince una stortura ideologica: si da al mercato le colpe delle persone.
Ma vorrei far notare che i comuni del Nord-Est vivonon da molti anni indebitandosi con le banche, per tutti i servizi, sobre a 40% del bilancio annuale.
Vale a dire che le banche sono presenti in ogni cosa, e questo proprio perché le tasse vengono sprecate da politici ladri e truffatori. Di questi ci fidiamo?
NÃO’ che il referendum punti a mettere tutto nelle mani dei politici sbattuti fuori dalle norme europee che impongono i bandi ?
Faccio comunque notare che anche il comune di Parigi si è indebitato con le banche per comprare le quote che prima aveva venduto ed incassato i soldini.
“Questa situazione ha indotto Riccardo Petrella (autore de Il manifesto dell’acqua) ed ex presidente dell’acquedotto pugliese, a dire che se anche il capitale sociale del gestore è pubblico, ma gli investimenti sono finanziati attraverso prestiti contratti con le banche, parlare di gestione pubblica del servizio è “una mistificazione”.”
Su questo siamo tutti d’accordo: i comuni di oggi hanno le pezze al culo, l’economia non gira per i troppi sprechi, i giovani sono senza speranza, saranno senza pensioni, stiamo sparendo per pagare le pensioni dei politici e dunque per risolvere tutto ciò cosa facciamo …… diammo tutto in mano ai politici che ci hanno portato alla bancarotta ? Vogliamo dargli anche il c… ?
Monia fa poi un elenco di tanti politici implicati in varie “gestioni” a dimostrazione che non ci si puo’ fidare.
Poi dice di alcune cose anomale del mercato ……
Ma allora mi spiegate perché diciamo SI per cancellare la “propriedade’ REDE PÚBLICA” ?
Io capisco le ragioni del “bene comune” e se fossi un liberista sarei stato zitto visto che si cancella la proprieta’ PÚBLICO .
Io non sono di destra o di sinistra, credo solo che la gente in autogoverno, se puo’ prendere a calci i politici, fa molto meglio di loro.
Monia poi dice “C’è poi un secondo grandissimo bersaglio da colpire, ovvero la definizione della gestione del servizio idrico che, dal momento che l’acqua è un bene comune, non può essere considerato di rilevanza economica”
Indipendentemente dall’obbiettivo condivisibili o meno, NÃO’ certo con un referendum abrogativo che si ottiene questo, tanto meno se perfino si cancella la proprieta’ pubblica delle reti che e’ esattamente il contrario.
Si doveva invece pensare ad una proposta di legge, oppure alla cancellazione del solo punto 2 dell’art 23-bis.
Io non credo piu’ alle sviste, se Lucarelli ha cannato sul quesito, lo dica che ricominciamo da capo , ma non lascia tutti andare in fosso CANCELLANDO LA PROPRIETA’ REDE PÚBLICA
Purtroppo pero’ credo che in ogni caso l’acqua alle aziende dobbiamo fargliela pagare, e dunque una tale gestione economica imponga di fatto una gestione “europeu”, cioé priva di monopoli, e dunque si sia punto e a capo col discorso.
Sul secondo quesito non entro, ma mi pare che se il primo vince e’ la fine .
Concludo dicendo che NON SI DEVE VOTARE AL PRIMO QUESITO PERCHE’ IL MECCANISMO REFERENDARIO E’ ROVESCIO
Chi vuole capire la vera portata del quesito puo’ documentarsi ampiamente sul sito
http://www.palmerini.net/blog/2011/05/31/referendum-truffa-lacqua-non-e-stata-privatizzata-e-con-il-si-potranno-farlo/